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11.7.21

Gaze






10.7.21

Who


Non è altro che assuefazione della carne
Una epidermide slacciata lacerata e in decomposizione
pur nel pervasivo rigenerarsi.
Lamiere possidenti la morte come la vita
così strapparsi dalla pelle non è stato mai così facile come adesso.
Un attaccamento come un polline in fiore
e un rifiorirsi adeguato al crescendo inappagabile
di sostanze inefficienti.
6.7.21

Subtract


Sometimes it feels
swear 
the eyes
If I could 
String the eye complete
thru the edge of a cry

_






5.7.21

Poetry


Di trame 
io canto le notti 
Coltri di serpi 
non ebbero a indugiare falsi anatemi 
Di cui ebbro si fece portatore 
di semine incolte. 
A ridosso 
stupidi dogmi 
Strenua bellezza 
ridusse a cavità vuote e sepolte 
Inermi

Geometrie Impossibili



Un uomo che a lungo termine amai 
sì svolse di fatto in un eloquente summa di parole al tempo e tuttora per me ancora cariche del suo sembiante che serbo ad oggi nella sua recente dipartita. 
Fatto testo che i fonemi del suo essere giungevano a me come sacrosanta verità assoluta, a suo modo e a suo tempo mi suonavano come nuove e raggelanti oscure assonanze di vita. 
Fermo restando che era come pendere dalle sue labbra, ogni parola era soppesata in misura di lievi gioghi ornati della sua parvenza di spirito, flemma ormai parte della sua anemica antica assenza. 
Ciò che emerse dai fiordi sinuosi del suo verbo fu una sorta di rivelazione fattasi sorpresa, tesoro inestimabile; l’accenno a delle geometrie impossibili siffatte a misura d’uomo, spesso legate a situazioni di non intricata entità, bensì in termini di intellegibile sapienza e conoscenza afferrata, il che porta alla edificazione di trame relazionali e rapportuali epistemiche che giungono spesso alla rottura a compartimenti stagni. 
Nondimeno quello stesso giorno, in continua logorante affermazione di siffatti termini, così svoltisi per intercorsa relazione telefonica, ho il ricordo di una fotografia scattata in quel di Pisa in attesa ricorrente di un suo labile pensiero, uno dei tanti che mi attraversava al tempo, una immagine in solitaria e silenziosa complicità descriveva quanto quell’uomo mi descrisse per via acusmatica e telegrafica. 
Era come avvalersi, portarsi un carico affettivo non del tutto ricambiato, se non spoglio di amorosi consensi e sentimenti da di lui parte, in continua strenua attesa del suo lapidario fonema. Tutto ciò, nella vuotezza dei suoi cerulei occhi. Di lui, solo l’aroma e la fortitudo della sua stretta, l’odore dei suoi abbracci, il tepore ammorbante dei suoi discorsi ammiccanti. 
Eppure, di lui mi è rimasto tutto e niente. 
Pur nel decoro, pur nella lascivia; il senso di un amore non corrisposto da sempre, fin da quel momento. 
Dunque, come leccarsi le ferite mai celate né lacerate in fin di vita; troppo breve per essere vera. 
Così si giunge alle capofila dell’essere nati per la morte. 
Il cuore non riesce a giacere se non nella morte.