Perché questa immane seducente follia?
Questo vuoto ansimante, come carne trita,
entra nei tuoi vuoti pensieri inconsciamente.
Ed inconsciamente, a sua volta, vi si insinua prepotentemente fino a disossarti
completamente, effimeramente efferatamente.
Di colpo insanamente tu ne resti completo
in balìa tutt’intero.
Nient'altro che complici noi stessi della propria follia.
Sbarazzarsi di ciò che è altrui amore per farne proprio.
Davvero si è capaci d’amare? È essa stessa un’innata facoltà dimostrativa
Che farne di esso amore, se farne di uso improprio.
Esso diagnostica ogni proficuo male eccelso in esso, ogni qual antica venia
propria del folle, alla costante ricerca di altri, nondimeno di se stesso.
Ma allora cercare l’amore nell’oggetto, un incauto oggetto d’amore fondato sulle leggi della semiotica e prossemica erotica, salvo farlo per se stessi. Non è amore. È follia.
Pura e docile come l’uomo allo primordiale stato di natura prossimo a morire perire in se stesso ed in altri.
Fagocitati dal destino, se così si può parafrasare, unanime diviene così
il consenso a deperire consci ebbri di quella piena consapevolezza che ci si cerca, non per amore.
Per artificio.
Ecco cos'è che ci rende instabili instabilmente alla ricerca di quel senso fugace ed eterno.
A che scopo prendersi gioco di noi, quando l'altrui individuo non ha che da pensare a sé, ai propri figli, alla propria dote di uomo, in quanto figura maschile femminile ermafrodita ridotta al minimo,
conscio che è proprio quel ogni minimo dettaglio a fare la differenza. Come uscirne e a quale scopo.
Questa è dotta follia. Cerebrarsi e celebrarsi.
Autoconvincersi che ogni cosa venga da sé e valga a sé.
Impropriamente ci si compara all'ardire achilleo, ci si dota di armi improprie e spudorate
Inermi insulse nonché oltraggiose.
A difesa di che
Della nostra tanto beneamata follia, essa stessa oltraggiosa a fin di bene.
Se ne fa scudo arbitrario, al fine di far luce sul nulla l'inesistente.
Che non regge su se stesso il proprio peso corporeo gravitazionale.
Dovremmo imparare ad essere più cazzoni.
Abbatteremmo qualsivoglia frontiera a soli denti stretti, anche solo desiderandolo.
Che farne di una vita così stretta angusta.
Quando potremmo pur avvalerci della facoltà di non nascere, uomini privi di senso, senza ragione di vita.
A che scopo esserci per non esserci. Fare di se stessi motivo di sofferenza proficua procace.
È della sofferenza che si fa una propensa ragione di vita atta a nascerci e ad alimentarci.
La vita è una malattia.
È un germe che penetra si sublima si ristagna,
approda nei petroliferi meandri se ne impadronisce
vi si instaura copiosamente scetticamente senza scrupoli.
E vi si svolge altrettanto tracotantemente senza pudori
alla strenua ricerca di nuove vittime da salvare dilaniare cresce si dilata si annerisce.
Si concede a noi, come noi ci si concede ad essa. Vacuum. Nigro. Follia.
Allo stato brado.