Per quanto nel corpo alloggi un senso di inquietudine a tratti disperso, ciò che ne scaturisce è un τόπος temporale consequenziale, una primavera umorale senza soluzione di continuità; il tiepido, il falso gelsomino odoroso, l’Amarillo Bianco; il suono di una sedia mossa che assume il gemito di un pianto, indistintamente; ed indistintamente riconosci, in quel “all’infuori” che altri non è che te, il ritmo giambico di una voce usuale, termica, in attesa di un ritorno incondizionato.
Aprile è il mese più crudele.
E il luogo ameno del ritorno torna in noi stessi, alveo rumoroso, gioia astratta.